Io, raccoglitrice di simboli,
mi scrivo addosso.

lunedì 5 settembre 2011

???

Fase maniacale in corso. Fase maniacale in corso. Fase maniacale in corso.
Mi alzo. Mi siedo. Tampino a caso lettere sparse guidata da un impeto senza nome nè confine. Mi alzo. Mi siedo. Giro le caviglie. Sbuffo. Cerco di concentrare il flusso. Si espande troppo. Mi pervade. Mi sento sanguinare il cervello. Decido di spruzzare inchiostro a impulso. Se mi contengo muoio. Tutte le volte una emergenza. Mi spingo indietro con la sedia girevole. Mi ritiro. Mi trascino in avanti per continuare. Mi innervosisco perchè non riesco a concentrarmi per trovare un pensiero logico da trascrivere ora. Graffio la scrivania con una violenta penna rossa. La spacco in due. Sbuffo. Sfiato. Siedo. Vorrei urlare. Vorrei scarabocchiarmi sulle braccia. Bevo acqua a fiotti. Ingoio cose. Sono al lavoro, mi devo calmare. Mordo le mani ora viola per trattenere un grido. Mi alzo. Saltello dentro allo spazio angusto. Telefono. Sbatto le cosce sulla scrivania. Mi tiro. Le tiro. Mi prendo a pugni le gambe. Voglio uscire. Ho la testa piena. Di voci. Di arie. Di buchi neri. Vedo tende storte che non mi alzo a sistemare. Faccio una treccia. Corro su per le scale. Torno giù. Sciolgo la treccia. Li tiro su. Mi tiro su. Sogno. Sfioro. Mi allontano da te come posso. Mi mordo le labbra. Poi un braccio in tuo ricordo. Mi alzo. Esco fuori. Ritorno. Mi chiudo dentro. Voglia di spaccare. Cose o qualcuno. Mi gira la testa. Lascio andare le dita. Posseduta. Posseduta. Posseduta. Decido di portarmi qui per testimoniarmi. Per valutarmi col senno di poi, quello solito della tristezza. E vorrei urlare. E vorrei lanciare vernice gialla, a secchiate, contro il vetro. Orbite. Sento gli occhi uscirmi fuori dalle orbite. Sbavo. Giro le pupille. Spalanco gli occhi. Cerco di tenermi a freno. Sono al lavoro. Lascio correre parole, io vittima di una forza creatrice bambina. Ingenua. Spensierata. La rivolta del cuore. E' in corso. In corso ora. La rivolta. La guerra mondiale a parole contro la fisica identità. Mi odio. Non ci sto. Non c'è spazio. Voglio uscire. Esco dagli occhi. Esco dalla bocca. Forse dai polsi. Mi odio. Mi amo. Ti amo. Pensiero. Mi freno. Mi tasto. Sono troppa. Bendata fasciata ciclotimica sbucciata. La chiamavano mania da disturbo bipolare. La chiamavano giustificazione. La chiamavano urlo. Urlo di vita. di presenza. di Amore. La chiamavano follia. Rabbia. La chiamavano caratteristica. Dono. La chiamavano indaco bambina. La sfigata. Quella strana. Quella lì. La chiamavano che oggi muore. Lei che mai si gira e mai risponde. La chiamavano. Toccò il fuso illusa trovando la scusa e cadde come corpo morto cade, lei nella sua stessa tempesta, di soli ornati e finzioni.

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